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Gli affreschi del castello di Gambatesa e un mistero ancora irrisolto.

Articolo di Pietro Scocca 

Nel 1656-1657 anche Gambatesa, come tutto il Regno di Napoli, fu colpita dalla peste.
All’epoca nel nostro territorio vigeva l’obbligo, ancor prima che la consuetudine, di ricoprire con la viva calce le mura interne, al fine di “disinfettare l’ambiente”. Tale pratica è testimoniata dai colpi di piccozza visibili ancora oggi su alcune pareti del castello, attuati proprio per permettere alla calce di aderire meglio.
Tradizionalmente, e forse in maniera approssimativa, si ritiene che da quel momento fino al primo intervento di restauro interno, avvenuto tra il 1977 e il 1978, tutti gli affreschi siano stati ricoperti dall’ossido di calcio e da diversi strati d’intonaco addizionati nel corso degli anni.

Questa tesi è suffragata dalle testimonianze di chi ha preso parte al primo intervento di restauro, da molti di coloro che frequentarono il castello tra gli anni 50’ e 70’, nonché dalla penuria di documenti storici che facciano menzione delle raffigurazioni pittoriche.
In realtà già nel suo “Apprezzo del feudo di Gambatesa”, realizzato tra il 1697 e il 1698, nel descrivere il nostro castello, Giuseppe Parascandalo affermava: “s’entra in una sala quadra con intempiatura, muro piatto a friso, a destra, ed in testa di detta sala, vi sono quattro stanze con intempiatura”.
A poco più di quarant’anni dall’avvento della peste, dunque, almeno alcune porzioni di affresco dovevano essere nuovamente ben visibili.
Inoltre, spesso le memorie riportate si rivelano discordanti: alcuni anziani con cui ho avuto modo di chiacchierare al riguardo, ricordano che, tra gli anni 50’ e 60’ del secolo scorso, determinati affreschi erano distinguibili.
Oggi, grazie all’instancabile lavoro di ricerca del Prof. Salvatore Abiuso, custode della biblioteca comunale, abbiamo un nuovo elemento che va a complicare ulteriormente questo già intricato enigma: un documento ufficiale del 1933, reperito nell’archivio storico del comune, riporta una descrizione sommaria del nostro maniero, nelle cui righe finali si legge “alcune sale contengono degli antichissimi affreschi, discretamente conservati”.
Ebbene, nel 1933 diversi affreschi si vedevano, e chiaramente.
È possibile che negli anni 70’, come sembra testimoniare la foto posta all’apice di quest’articolo, non fosse più così? Erano stati nuovamente ricoperti e intonacati? Se così fosse, quale fu il motivo, e quale il periodo della nuova intonacatura?
Allo stato attuale delle cose, non è possibile rispondere univocamente a queste domande.
Quello che appare certo, però, è che i pregiati lavori di Donato Decumbertino abbiano traversato alterne vicende, uscendo in qualche modo “vincenti” e, per lo più, indenni dall’incessante scorrere del tempo e degli eventi.

 

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